Roma – Ieri nel quartiere di Corviale, si è svolta la presentazione del libro “Le mie Eloise”, dello scrittore Lidiano Balocchi.
L’autore che ha presentato il proprio lavoro all’interno dei locali dell’Associazione “Amici di Corviale”, riempiendo la sala e spiegando la propria opera ai tanti cittadini accorsi ad ascoltarlo. Con lui, sono intervenuti Ida D’Orazi (Presidentessa dell’Associazione “Amici di Corviale”) e la poetessa Carla De Angelis.
La presentazione ci ha dato la possibilità d’intervistare in esclusiva Lidiano Balocchi, con l’obiettivo di spiegare ai nostri lettori il suo testo.
“Le mie Eloise”, una storia romanzata che al suo interno racconta il “sacro e profano” di due ex religiosi. Quali obiettivo si pone questo libro verso i lettori?
“L’obiettivo era anzitutto scrivere. Ho studiato molto bene il periodo storico dove faccio svolgere il lavoro della mia fantasia (il Medioevo), e ho sentito il piacere di lasciare per scritto questo percorso artistico”.
Perché ha fatto ruotare la storia intorno ai personaggi di Abelardo ed Eloisa?
“Scherzosamente rispondo, ‘se leggerete il libro, lo capirete’. A parte gli scherzi, riconosco ad Abelardo ed Eloisa anzitutto lo status di grandi studiosi nel passato. Oltretutto, loro hanno una storia personale molto travagliata e fatta di passione, tanto che a Parigi gli hanno dedicato un monumento all’amore: luogo dove si dice siano sepolti insieme abbracciati. Abelardo che nonostante il grande status di studioso in epoca medievale, a distanza di secoli viene ricordato principalmente solo per questa sua esperienza amorosa con Eloisa”.
Perché proprio il Medioevo come fonte d’ispirazione?
“Di mio, amo e studio il passato. Anche se non sono storico, ho una passione per la ricerca di personaggi – appunto storici – passati in secondo piano con il passare dei secoli. Personalità stupende se studiate bene, che oltretutto hanno stimolato la mia fantasia nel citarli all’interno del libro e credo meritino di essere raccontati. Le cito un esempio: Marozia. Non la conosce nessuno perché viene appena citata nei libri di storia, eppure ha una storia terribile alle spalle che merita di essere conosciuta. L’ho studiata a fondo, fatta mia e romanzata nel mio lavoro, proprio per raccontare tutta la sua storia con un finale cruento”.
Allora il libro forse un obiettivo se lo pone: far conoscere personaggi meno noti della storia?
“In questo senso, direi sì. Più che conoscere, voglio spingere il lettore ad avere curiosità verso questi personaggi. Lo faccio attraverso storie stimolanti: la fondazione dei monasteri di clausura, che sono durati nei secoli; la secolarizzazione di questi posti e di tutti gli ordini religiosi sotto Napoleone. Vengo dal Monte Amiata, mi avvicinarono a questa storia le suore del mio paese natale attraverso un testo molto antico. Pensi, queste persecuzioni le hanno vissute ben tre volte nell’arco dei secoli”.
Oltre al romanzo, mi pare che abbia voluto raccontare il dolore di questi monaci e queste monache?
“Assolutamente sì. In questi personaggi non vive solo il dolore, ma anche una rabbia interiore che li porta a fare determinate scelte nella propria vita. Pensi, ogni sei/sette anni qualcuno prova a cacciarti dal tuo monastero e ti mette al bando perché sei un religioso. Tutto parte da Leopoldo II e prosegue con Napoleone. Addirittura vennero in queste circostanze inventati i cimiteri, poiché i troppi morti non potevano più stare dentro le chiese, diventati all’epoca dei grossi obitori maleodoranti”.
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