In Unione Europea e in Italia si parla tanto di crisi climatica: ecco quello che i movimenti ambientalisti non ci raccontano a riguardo.
La crisi climatica è una tematica importante, che troppo spesso però ha trovato poco spazio mediatico e soprattutto dei cattivi interpreti nel raccontarla. La vicenda esiste realmente al mondo, ma meriterebbe di non essere strumentalizzata politicamente o in vista di qualche elezione politica.
La crisi climatica: come la raccontano in Europa
Almeno in Europa, la tematica è diventata una cartina da tornasole dell’Estrema Sinistra, che la utilizza per attaccare chiunque non gli vada a genio: i giornali che non gli danno spazio, le televisioni per lo stesso identico motivo, Matteo Salvini e Giorgia Meloni (per l’Italia), le multinazionali, l’Unione Europea. Insomma un mezzo utile ad attaccare un nemico politico, senza però non entrare mai nel concreto di come risolvere evidenti problemi di sistema. Nel concreto: semplici strilloni da megafono e nulla di più.
Crisi climatica: il problema odierno nell’Occidente
La realtà, almeno oggi, è molto più complessa di quello che immaginiamo. Parlare di ambiente, e soprattutto tutela della Terra, non può esularci dal campo della geopolitica, l’economia e lo studio della politica estera. Nel silenzio generale, è interessante leggere il Report 2022 sul “CO2 emissions of all world countries”. In questa classifica, i primi cinque territori inquinanti risultano essere: Cina, Stati Uniti, UE, India, Russia e Giappone.
Sei realtà geografiche distinte, con l’Unione Europea che forse anche po’ forzatamente viene inserita all’interno: parliamo di un’unione politica ed economica, cui peraltro confluiscono le emissioni di ben 27 paesi all’interno di questo continente.
La crisi climatica e l’attacco all’UE
Resta che gli “strilloni da centro sociale”, sul modello di Greta Thunberg, attaccano solo l’UE, in un sentimento più dettato da politiche antisistema che reali problemi. Sullo stampino della propria beniamina svedese, mai una parola contro India, Cina, Stati Uniti o Giappone. Eccezion fatta per la Russia, dove l’attacco si traduce nel sentimento anti-Putin e la sua “inumanità”.
Crisi climatica: che mondo c’è fuori l’Unione Europea
Nessuno vi parlerà, per esempio, delle città-fabbrica di Handan (200 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno), Shangai, Suzhou o Dalian. Le città più inquinate del mondo, secondo il report Sensoworks del 2022, sono queste e tutte si trovano in Cina.
Più facile, per i centri sociali e pseudo movimenti ambientalisti, attaccare le macchine nella nostra città, i livelli di smog tra Roma e Milano, attaccare l’Eni. Attaccare, in quest’ultimo frangente, uno degli ultimi asset strategici di questo Paese, per aprirci velatamente verso un mercato green dell’automobile e coi pezzi provenienti dalla Cina.
Il problema auto elettrica per questa epoca
Nessuno nega il problema del carburante, la fonte non rinnovabile e l’emissione dello smog. Il problema cruciale oggi è uno: esiste un’alternativa a tutto ciò? No. Le auto elettriche sono costose, hanno altrettanti costi di manutenzione esosi e complessi, vanno incontro al surriscaldamento. A raccontare quest’ultimo fenomeno non è una persona chiunque o un complottista, bensì la guida delle istruzioni di Tesla: la macchina elettrica per eccellenza, di cui è Amministratore Delegato il magnate Elon Musk.
Auto elettrica: il costo in Italia
Le rivendicazioni ambientali, almeno in Italia, hanno una precisa chiave di sovversione economica. Non solo cercare d’imporvi quanta acqua usare a casa vostra, vietarvi il sapone del supermercato e fare la guerra alle bottigliette in plastica. Spingere verso il mercato dello eco-macchine è la via più facile per portare soldi alla Cina, agli Stati Uniti (come primi finanziatori di questi movimenti ambientalisti) e far collassare le principali industrie automobilistiche europee. Le automobili elettriche costano tanto e sono poco affidabili, come dimostra questo listino prezzi: Fiat 500 completamente elettrica (40 mila euro); Tesla Model Y (60 mila euro); Tesla Model 3 (più di 42 mila euro); Smart Fortwo (tra i 25 e i 28 mila euro); Dacia Duster elettrica (20 mila euro). Prezzi che non contano i confort e che non possiamo considerare come le storiche “auto per l’operaio”.