Recensione del film Madame Luna: il regista Daniel Espinosa denuncia lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina in Italia attraverso le cooperative
Madame Luna è un film politico, forse dai tratti politicamente scorretti e capace di raccontare una narrazione dagli occhi della parte debole nella storia. Generalmente le narrazioni dovrebbero guardare questo binario, non fosse come la storia che ruota attorno a questo film parla d’immigrazione clandestina e sfruttamento dei migranti. Tutto ciò all’interno dell’Italia, in un sistema narrativo che inchioda alle proprie responsabilità la politica, gli enti regionali, le cooperative sociali e gli accademici.
La storia umana attorno a Madame Luna
Sotto la regia di Daniel Espinosa (il suo penultimo lavoro è Morbius), il regista svedese fa ruotare la propria storia attorno al personaggio di Madame Luna (Maninet Abraha). La ragazza eritrea, cui il vero nome è Almaz, è una sfruttatrice dell’immigrazione clandestina tra l’Africa e l’Italia: il suo compito è di organizzare i barconi che partono dalla Libia e provano ad arrivare sulle coste italiane. La caduta del regime libico costringe la donna a fuggire, mischiandosi ai migranti e sbarcando in Calabria.
Dopo il riconoscimento da parte delle forze dell’ordine, trova accoglienza presso una struttura gestita da una cooperativa calabrese e finanziata per la gestione dei migranti. Le sue conoscenze delle lingue africane, le permettono di avanzare gradualmente nelle gerarchie di questa realtà, cominciando ad aprire gli occhi su un sistema che fa palate di soldi sulla pelle dei migranti. Riuscirà a scoprire terribili segreti, che la metteranno al bivio di redimersi davanti a un passato terribile o prendere parte all’ennesimo sistema criminale che lucra sulla vita dei disperati.
L’occhio di Daniel Espinosa sull’immigrazione in Italia
Dopo il disastro di Morbius, Espinosa sforna una storia verosimile e che soprattutto si dimostra un’importante denuncia sociale su un tema dell’attualità. Se il mondo culturale italiano è impegnato a tessere le lodi del sistema immigrazione (ben rappresentato dalle elezioni in Europarlamento di Ilaria Salis e Mimmo Lucano), un regista straniero trova quell’onestà intellettuale per descrivere lo sporco disegno dietro la gestione dei migranti. Realtà che sfruttano disperati come manodopera tra terreni agricoli o cantieri edili, non possedendo nessuna formazione per questi lavori ma solo due braccia e due gambe.
Un sistema che vede anche l’altra faccia della medaglia: un sistema all’italiana che s’ingrassa con lo sfruttamento dei migranti (fa pensare al mostro creato da Liliane Murekatete, compagna dell’onorevole Aboubakar Soumahoro), ma soprattutto li divora in un circolo d’illegalità. Manodopera a basso costo, riciclaggio, prostituzione.
I punti di forza legati a questo film
Daniel Espinosa racconta l’Italia come non viene fatto dal nostro Governo (eppure c’è la Destra) e l’Unione Europea. Ne nasce l’ennesima immagine negativa del nostro Paese, dove si dimostra come la pelle dei migranti frutta – almeno oggi – più soldi della droga o qualsiasi attività illecita. Un film coraggioso, che forse dai “paladini del politicamente corretto” verrà stroncato. Noi ammiriamo il tentativo di aprire un dibattito sulla questione, in una pellicola che dovrebbe far riflettere e aprire le coscienze di chi fa politica a livello nazionale.
Voto alla pellicola: ⭐⭐⭐⭐⭐ su 5
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