Intervista esclusiva al gruppo jazz veneto dei GogoDucks, che in esclusiva per Il Marforio.it presentano il nuovo album “Palladio a Palla”
Il 6 settembre è uscito il nuovo album “Palladio a Palla”, nuova fatica musicale del gruppo jazzistico contemporaneo dei GogoDucks. Il disco ispirato di Andrea Palladio, leggendario architetto veneto e tra i nomi più blasonati a livello mondiali. La track list diventa un terreno sperimentale dove fondere l’architettura, la musica e soprattutto la promozione degli ambienti più affascinanti nel territorio del Veneto. Per il nostro giornale, abbiamo avuto il piacere d’intervistare il gruppo e scoprire qualche curiosità dietro il loro nuovo album.
I GogoDucks presentano il nuovo album “Palladio a Palla”
Oggi per Il Marforio.it, abbiamo il piacere d’intervistare in esclusiva i GogoDucks. Il 6 settembre è uscito il loro album discografico “Palladio a Palla”, che peraltro ha visto il sostegno dell’Ministero della Cultura e la SIAE. Dedicato alle ville di Antonio Palladio, cosa vi ha attratto di uno degli architetti più celebri della Repubblica Veneta e la storia italiana?
Paolo Peruzzi: “Andrea Palladio è tutt’ora considerato uno dei più importanti architetti della storia. Sicuramente la maestosità delle sue ville, la sua innovazione e l’immenso patrimonio lasciatoci – specie nella nostra regione (il Veneto) sono tre tra gli elementi che ci hanno attratto (e continuano ad attrarci). Ma nonostante la magnificenza delle sue opere, ognuna di esse è per certo semplice e ‘pulita’, e sono state un grande spunto d’ispirazione per noi musicisti nell’immaginare, nel comporre e nell’elaborare il nostro primo album in studio.
Ascoltando la vostra truck list di 9 brani, che viaggia sulle onde di un jazz sperimentale e l’inserimento di linee elettroniche, volevo chiedervi come vedete il rapporto tra il mondo musicale e il mondo architettonico.
Paolo Peruzzi: “Il mondo architettonico l’abbiamo approcciato per la prima volta sviluppando l’idea dietro a quest’album, scoprendo che non sono espressioni artistiche poi così distanti tra loro, ma che anzi hanno dei punti di intersezione che sono davvero molto interessanti. In architettura si parla spesso di ritmo, di armonia, di rapporti tra sezioni e di ripetizioni, o di rapporti numerici tra i vari elementi compositivi dell’edificio. Inutile dire che sono terminologie utilizzate più che largamente anche in musica, e sui quali abbiamo fatto affidamento nella stesura delle composizioni per questo lavoro”.
Il richiamo in musica all’architettura di Andrea Palladio
Nel vostro disco c’è un forte richiamo all’architettura di Palladio e in particolare di 9 ville da lui realizzate. Quali studi avete compiuto per far nascere questo progetto musicale?
Francesca Remigi: “Il lavoro di traduzione in musica di una selezione di 9 Ville Palladiane (in ordine come nel disco abbiamo Villa Malcontenta, Villa Angarano, Villa Badoere, Villa Capra La Rotonda, Villa Cornero, Villa Emo, Villa Poiana, Villa Barbaro e Villa Serego), è iniziata con la visita ad alcune delle ville e con l’approfondimento e lo studio dei rispettivi disegni planimetrici. Da lì abbiamo individuato una serie di rapporti numerico-matematici (utilizzando come unità di misura il metro, la distanza tra una colonna e l’altra piuttosto che la scansione delle arcate all’interno delle facciate) che sono stati il punto di partenza per la creazione di serie intervallari, melodie, accordi, metriche di diverse durate e poliritmi che abbiamo adoperato come scheletro dei nostri brani.
Andando a visitare le ville, abbiamo avuto anche un riscontro emotivo importante che è racchiuso inevitabilmente nel nostro lavoro discografico. Il tutto è poi stato ricucito e legato insieme dall’elettronica di Sergio e di Luca, e dalla pratica dell’improvvisazione non idiomatica. Penso che le contaminazioni elettroniche e il progetto audiovisivo creato da Sergio per Palladio a Palla! aiutino ad attualizzare il nostro concept e a colmare quel gap di cinque secoli che ci separa dall’epoca di Andrea Palladio, rendendo più accessibile la performance al pubblico di oggi”.
La scelta delle ville, ma anche del territorio dove lavorare: cosa vi ha spinto a interessarvi proprio a queste località d’immensa bellezza artistica e dal potente richiamo turistico?
Luca Zennaro: “Sicuramente l’immensa bellezza classica delle ville palladiane è uno dei motivi principali per cui ci siamo interessati ad esse. Inoltre è una bellezza che crescendo (in particolare io e Paolo siamo veneti) è sempre stata sotto ai nostri occhi: i miei genitori fin da piccolo mi hanno portato a visitare le ville Palladiane, il teatro olimpico ecc. e posso dire di avere avuto un imprinting. La vera sfida (accettata con la dovuta umiltà) è stata quella di accostare poi la nostra musica al linguaggio perfetto di Palladio, e il processo ci ha dato degli stimoli per lavorare sulla musica in maniera diversa da quella alla quale siamo abituati. L’architettura di Palladio è stata utilizzata come punto di partenza e “scheletro” per dare forma alle nostre composizioni”.
Il rapporto tra musica e territorio evidenziato dai GogoDucks
All’interno del disco si sottolinea il costante rapporto tra musica e territorio, le sensazioni che possono far generare queste ville. La vostra musica cosa riprende dalla visita di questi posti e quali messaggi vuole fare arrivare al pubblico?
Francesca Remigi: “Sicuramente un senso di stupore e di imponenza che magnetizza il visitatore-ascoltatore, unito al tentativo di smuovere suggestioni ed emozioni nel nostro pubblico tramite una performance immersiva e multisensoriale, proprio come fosse una visita guidata ad una delle Ville! L’idea di riunire le differenti dimensioni spaziali proprie dell’arte del suono con quelle delle arti visive ha come obiettivo la creazione di un ambiente performativo “in 3D” dall’efficacia comunicativa ed emozionale.
Come Palladio, anche a noi GOGODUCKS piace stupire i nostri spettatori con soluzioni texturali ricercate, con giochi di luci, con tecnicismi e composizioni sperimentali d’avanguardia e con una ricerca continua nel campo delle nuove tecnologie applicate alle arti performative. Inoltre, da italiana espatriata per gli ultimi 10 anni, ritengo che la valorizzazione dell’incredibile patrimonio artistico italiano sia anche responsabilità di noi giovani! E utilizzare le nuove tecnologie e linguaggi artistico-musicali più contemporanei come strumento di promozione e di valorizzazione dell’eredità artistica del Palladio credo che possa solo aumentarne la notorietà, oltre che contribuire a svecchiare un tipo di comunicazione obsoleta e poco accattivante collegata alla promozione di attrazioni turistiche in Italia“.
Concludo con un’ultima domanda: il mondo della musica, e in questo caso un disco, può diventare mezzo per fare promozione turistica di un territorio o una determinata opera architettonica? Come state vivendo questa vostra attuale esperienza all’interno del Veneto?
Luca Zennaro: “Mi auguro possa diventarlo, Palladio è già una star, patrimonio dell’Unesco, ma la musica ha un linguaggio diverso e può comunque contribuire ad allargare e creare curiosità anche in un pubblico più ampio. Di solito quando si parla di arte veneziana o veneto ci sono dei cliché, e si accostano monumenti e opere d’arte alle musiche barocche e classiche (Vivaldi ecc.), noi abbiamo potuto dare un respiro diverso a queste sale bellissime delle ville Palladiane, illuminandole con una luce diversa e per questo originale, anche questa scelta può creare una nuova attenzione del pubblico”.