Storie di emergenza abitativa ad Acilia: Rosa teme di essere sfrattata e chiede aiuto agli assistenti sociali per l’ADI. Si accende un vortice di rimpalli
Torniamo a parlare di emergenza abitativa ad Acilia, rispolverando il caso di Rosa (nome di fantasia per tutelare la persona). Avevamo raccontato come la donna, pochi mesi fa, avesse rischiato lo sfratto dalla sua casa, occupata in un residence completamente vuoto. Nonostante le problematiche di salute e quelli di natura mentale, per la signora di 54 anni non si sono visti miglioramenti di vita: la paura di andare a vivere in mezzo alla strada, purtroppo, è sempre rimasta dietro l’angolo.
La storia di Rosa ad Acilia: l’urlo silenzioso degli ultimi
Rosa occupa un appartamento dentro un residence della Valle Porcina, dove ormai da anni nullatenenti trovano irregolarmente locali abitativi per avere un tetto sopra la testa in piena notte. A farle compagnia, gli amati animali: un cane e un gatto, tutto ciò che le è rimasto di più caro al mondo e dove fa grandi sacrifici per mantenerli. Qualche mese fa, il Comune di Roma aveva intenzione di sgomberarla insieme a loro: solo l’intervento in extremis dei servizi sociali, hanno scongiurato come la donna e gli animali dormissero su una panchina di Ostia o il X Municipio.
Gli aiuti negati alla donna
La vita di stenti ha portato Rosa, nel tempo, ha fatto manifestare problemi di natura psichiatrica. Condizioni ben documentate dall’ASL Roma 3, che ormai da mesi la segue presso il Dipartimento di Salute Mentale a Ostia. Anche volendo lavorare, la donna entra dopo pochi giorni in un vortice di profonda depressione: sulla sua testa sono costanti i pensieri legati a un possibile sfratto dalla propria abitazione, così come quello dove qualcuno possa occupare prepotentemente la stanza dove dorme.
Un quadro forse incomprensibile per chi, come tanti cittadini, vive con la sicurezza di un lavoro e una casa dove tornare la sera. Nonostante questo, Rosa vince l’imbarazzo e trova la forza di chiedere aiuto. Lo fa con gli assistenti sociali del Comune di Roma, cui manifesta la necessità di entrare nel programma per l’Assegno d’Inclusione (ADI). Ne nasce un rimpallo di competenze, dove la donna finisce all’interno di continui scarichi di responsabilità tra gli stessi assistenti sociali e il CAF.
Rosa ha una sua cultura, comprendendo come qualcosa dietro la sua situazione non vada. Gli assistenti sociali la spingono verso il CAF per richiedere l’ADI (come peraltro esplica la legge), il patronato rimanda la donna ai servizi del Comune di Roma. Un vortice interminabile, peraltro davanti a una signora che soffre di un grave problema di salute. Come finirà questa storia?
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